Identificare i casi sommersi per comprendere e contrastare la pandemia

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27/03/2020
Identificare i casi sommersi per comprendere e contrastare la pandemia

La Stampa Torino - 27 marzo 2020
Coronavirus, 20 laboratori per i tamponi: “Test anche ai malati più lievi”
Il professor Di Cunto, biologo molecolare: “Sbagliato limitare il test ai sintomatici”

Riportiamo qui di seguito il testo completo della lettera aperta di Ferdinando Di Cunto, Professore Ordinario di Biologia Molecolare dell'Università di Torino.
Il prof. Di Cunto qui al NICO guida il Gruppo di ricerca di Neurogenesi embrionale
FDiCunto

 

Identificare i casi sommersi per comprendere e contrastare la pandemia

Il rincorrersi di cifre sulla pandemia e i pareri contrastanti tra gli esperti stanno generando una grande confusione riguardo alla reale diffusione del contagio e alle misure più efficaci per contrastarlo. Questo sta offuscando una realtà relativamente semplice, che emerge con chiarezza dall’analisi dei numeri degli Stati che, come la Corea del Sud, hanno intrapreso un massiccio programma di sorveglianza attiva. Quest’ultima consiste nel ricercare sistematicamente il virus nella popolazione, a prescindere dai sintomi, partendo dai casi sintomatici identificati.

Comprendere quanti siano effettivamente i contagiati è essenziale per determinare un parametro fondamentale, la percentuale di fatalità. Apparentemente, questa sembra differire moltissimo tra i diversi paesi, anche a parità di standard di assistenza sanitaria. Ad esempio, ad oggi, appare essere il 10% in Italia e lo 0,5% in Germania: una differenza di 20 volte! Premetto di non essere molto esperto di epidemiologia ma, da biologo molecolare, mi rifiuto di credere che le caratteristiche biologiche del virus siano fondamentalmente diverse nei diversi paesi. Inoltre, da cittadino di un Paese cheriesce ancora a garantire un ottimo standard di assistenza sanitaria, malgrado tutti i suoi problemi, mi rifiuto di credere che la spiegazione della differenza stia in una migliore qualità delle cure. Rimane una possibilità molto semplice, ossia che la differenza del tasso di fatalità possa essere spiegata unicamente, o in gran parte, dall’accuratezza della determinazione del numero dei contagiati. È oramai evidente che questo è molto più ampio di quello ufficiale: 74.386.

Quanti sono veramente oggi i contagiati in Italia?
Gli statistici ritengono, correttamente, che solo eseguendo il tampone ad un campione casuale della popolazione sarebbe possibile stimare tale numero con precisione. Però ritengo che al momento questa operazione non sia attuabile, per due motivi: il contagio è in rapida evoluzione e i tamponi sono troppo preziosi per pensare di utilizzarne un numero significativo a fini statistici.

Pertanto propongo un semplice calcolo, basato sui numeri della Corea del Sud, che pur non fornendo una stima precisa consente di stimare facilmente il numero minimo di contagiati.

Si basa anche sull’assunzione che le caratteristiche biologiche del virus, la qualità dell’assistenza sanitaria e la distribuzione per età della popolazione in Italia non siano molto diverse dalla Corea. Dall’ultimo bollettino dell’OMS la Corea del Sud ha riscontrato 9.137 casi, con 126 morti. Il tasso di fatalità è uguale all’1,37%. Il numero di decessi in Italia è attualmente 7.503. Applicando all’Italia lo stesso tasso di fatalità della Corea, con una semplice proporzione otteniamo 547.600 contagiati, cioè circa 7,4 volte in più dell’attuale determinazione.Siccome nemmeno in Corea si sta testando la popolazione a tappeto, ma lo si fa in maniera mirata attorno ai casi sintomatici, ritengo che il numero sia una stima prudente, per difetto.

Su questa base, è evidente che l’unico modo per contrastare in maniera efficiente la pandemia in Italia è implementare con tutti i mezzi una sorveglianza attiva, con modalità simili a quelle che si sono rivelate efficaci sulla popolazione di Vò Euganeo. Tale strategia sarebbe particolarmente efficace nelle Regioni e Province non ancora colpite massicciamente dal contagio, in cui le misure di ‘lockdown’ stanno significativamente rallentando il corso dell’epidemia, senza però fermarla.

Tale operazione appare ugualmente critica per portare rapidamente il Paese ad una condizione compatibile con la ripresa dell’attività produttiva, che inevitabilmente avrà luogo quando il virus starà ancora circolando.

Se saremo veramente efficaci nel contenere il virus, dovremo convivere per molto tempo con una condizione caratterizzata da una popolazione in gran parte suscettibile al contagio, e da un numero costante di nuovi casi. Con le attuali politiche di contenimento, solo lo sviluppo e il dispiegamento di un vaccino, su cui si sta freneticamente lavorando, potrebbe portare ad un azzeramento dei nuovi contagi. Le uniche alternative che al momento si sono rivelate altrettanto efficaci sono le politiche di sorveglianza attiva e di quarantena organizzata messe in campo in Cina, in Corea e a Taiwan e in Veneto. In tutti questi casi, è stato necessario eseguire un numero di tamponi molto elevato, anche se decisamente inferiore al numero degli abitanti.

Su questa base, credo vada presa in seria considerazione la disponibilità dei laboratori di ricerca italiani a mettere al servizio del Paese le proprie macchine e il proprio personale, per aumentare significativamente il numero di test di ricerca del virus eseguibili, sotto il coordinamento essenziale del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità (si veda lettera aperta Sole 24 ore).

Ferdinando Di Cunto
Professore Ordinario di Biologia Molecolare, Università degli Studi di Torino
Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi - Gruppo di Neurogenesi embrionale

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