SCOPERTE NELL’IPOTALAMO LE TRACCE DELLA MEMORIA

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09/06/2019
SCOPERTE NELL’IPOTALAMO LE TRACCE DELLA MEMORIA

Lo studio pubblicato su Neuron scalfisce il dogma che colloca principalmente nell’ippocampo la formazione dei ricordi
SCOPERTE NELL’IPOTALAMO LE TRACCE DELLA MEMORIA

È possibile attivare o bloccare l’espressione della paura controllando selettivamente i neuroni ipotalamici che producono ossitocina. La scoperta di un team di ricerca europeo, rappresentato in Italia da noi del NICO – Università di Torino. Comprendere i circuiti nervosi che sottendono la memoria della paura può aiutare nel trattamento di disordini psichiatrici come l’ansia, in cui la paura si trasforma da risorsa per la sopravvivenza a fenomeno patologico.

Rappresentazioni di memoria emotiva, o engrammi (cioè tracce di memoria immagazzinate nel cervello) come la paura, sono fondamentali per la sopravvivenza: consentono infatti sia agli animali che all’uomo di percepire, valutare e rispondere alle situazioni pericolose in modo appropriato.

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È opinione corrente che queste tracce di memoria si formino e si preservino in nuclei cerebrali superiori, mentre oggi prende forma l’ipotesi che nella formazione della memoria siano coinvolte anche strutture ‘antiche’ e altamente conservate nell’evoluzione del cervello, come l’ipotalamo. Lo dimostra lo studio pubblicato su Neuron da un team di ricerca internazionale (che riunisce Spagna, Germania, Francia e Italia) e interdisciplinare guidato dal Prof. Mazahir T. Hasan, membro della fondazione scientifica basca Ikerbasque, e a cui ha partecipato tra gli altri la nostra ricercatrice Ilaria Bertocchi, che qui al NICO fa parte del gruppo di Neuropsicofarmacologia guidato dalla prof.ssa Carola Eva.

Questa scoperta può rappresentare una svolta nelle neuroscienze: implica infatti uno scostamento dal dogma principale che sostiene come la memoria associata a un contesto si formi principalmente nell’ippocampo, per essere poi ‘trasferita’ e immagazzinata nella corteccia. Una visione che sottovaluta l’importanza di altre strutture cerebrali più antiche dal punto di vista evolutivo, come l’ipotalamo, anch’esso capace di riorganizzare in modo dinamico i propri circuiti per consentire la formazione e l’immagazzinamento della memoria.

La comprensione anatomica e funzionale dei circuiti che sottendono la memoria della paura favorisce lo sviluppo e l’utilizzo di strategie innovative per trattare disordini psichiatrici in continuo aumento nella società odierna, come l’ansia generalizzata e il disturbo da stress post-traumatico (PTSD), in cui la paura si trasforma da grande risorsa per la sopravvivenza a fenomeno patologico.

LA METODOLOGIA DELLO STUDIO

Grazie a un nuova metodologia genetica, i ricercatori hanno potuto evidenziare e manipolare in modo selettivo i neuroni ipotalamici che producono ossitocina - un neuropeptide cruciale nel controllo delle emozioni e di svariate funzioni fisiologiche - e che vengono reclutati durante l’apprendimento, la formazione e il richiamo della memoria della paura associata al contesto.

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Queste cellule contattano il nucleo dell’amigdala, che ha un ruolo chiave nell’espressione della paura. Opportunamente marcate, sono state rese capaci di esprimere proteine in grado di attivare l’attività neuronale se stimolate con la luce attraverso fibre ottiche (optogenetica) o di reprimerne l’attività se innescate da particolari sostanze chimiche di origine sintetica (chemogenetica).

In particolare si è osservato come, in ratti che associano correttamente una memoria negativa a un particolare contesto - e che quindi reagiscono con immobilità o ‘freezing’ (la tipica risposta alla paura di quando ci si trova in un ambiente potenzialmente pericoloso dal quale è impossibile scappare) - l’attivazione dei neuroni ipotalamici a ossitocina individuati in precedenza dagli sperimentatori induce l’animale a riprendere a muoversi normalmente esplorando l’ambiente. 

In altre parole, negli animali sperimentali è stato possibile bloccare l’espressione della paura durante tutto il periodo in cui i neuroni etichettati sono attivati, mentre l’immobilità riprende appena la fotostimolazione viene interrotta. Effettuando la manipolazione opposta si è scoperto inoltre che lo stesso circuito è necessario per favorire un processo noto come ‘estinzione’ della paura, fondamentale per la flessibilità cognitiva.

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B1 - La maggioranza dei neuroni a ossitocina (OT, in verde) nei nuclei ipotalamici PVN e SON sono marcati da un virus esprimente hChR2-mCherry sotto il promotore costitutivo OT (in rosso). La sovapposizione dei colori, che conferma la coespressione, risulta gialla.
B2 - Durante il richiamo della paura solamente una piccola parte di questi vengono attivati. I pannelli in verticale mostrano assoni contenenti il virus hChR2-mCherry (rosso) con punti in giallo positivi per OT (verde) che corrispondono alle sinapsi nell’amigdala centrale, dove i neuroni proiettano.

Neuron, 29 May 2019
A Fear Memory Engram and its Plasticity in the Hypothalamic Oxytocin System.

È possibile scaricare gratuitamente l'intero articolo entro il 22 agosto a questo link 

Hasan MT1, Althammer F2, Silva da Gouveia M2, Goyon S3, Eliava M2, Lefevre A2, Kerspern D3, Schimmer J2, Raftogianni A2, Wahis J3, Knobloch-Bollmann HS2, Tang Y2, Liu X2, Jain A2, Chavant V3, Goumon Y3, Weislogel JM4, Hurlemann R5, Herpertz SC6, Pitzer C7, Darbon P3, Dogbevia GK8, Bertocchi I9, Larkum ME10, Sprengel R9, Bading H4, Charlet A11, Grinevich V12.

1 Laboratory of Memory Circuits, Achucarro Basque Center for Neuroscience, Science Park of the UPV/EHU, Sede Building, Barrio Sarriena, 48940 Leioa, Spain; Ikerbasque-Basque Foundation for Science, 48013 Bilbao, Spain; Neurocure, Charité-Universitätsmedizin, Virchowweg 6, 10117 Berlin, Germany; Max Planck Institute for Medical Research, Jahnstrasse 29, 69120 Heidelberg, Germany. Electronic address: mazahir.t.hasan@gmail.com.
2 Schaller Research Group on Neuropeptides, German Cancer Research Center, Im Neuenheimer Feld 307, 69120 Heidelberg, Germany.
3 Centre National de la Recherche Scientifique and University of Strasbourg, Institute of Cellular and Integrative Neurosciences, 8 Allée du Général Rouvillois, 67000 Strasbourg, France.
4 Department of Neurobiology, Heidelberg University, Im Neuenheimer Feld 364, 69120 Heidelberg, Germany.
5 Department of Psychiatry and Division of Medical Psychology, University of Bonn Medical Center, Sigmund-Freud-Strasse 25, 53105 Bonn, Germany.
6 Department of General Psychiatry, Center of Psychosocial Medicine, Heidelberg University, Voßstraße 4, 69115 Heidelberg, Germany.
7 Interdisciplinary Neurobehavioral Core (INBC), Heidelberg University, Im Neuenheimer Feld 515, 69120 Heidelberg, Germany.
8 Max Planck Institute for Medical Research, Jahnstrasse 29, 69120 Heidelberg, Germany.
9 University of Torino, Department of Neuroscience Rita Levi Montalcini and Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi (NICO), Orbassano, 10043, Torino, Italy.
10 Neurocure, Charité-Universitätsmedizin, Virchowweg 6, 10117 Berlin, Germany.
11 Centre National de la Recherche Scientifique and University of Strasbourg, Institute of Cellular and Integrative Neurosciences, 8 Allée du Général Rouvillois, 67000 Strasbourg, France; University of Strasbourg Institute for Advanced Study (USIAS), Strasbourg, France. Electronic address: acharlet@unistra.fr.
12 Schaller Research Group on Neuropeptides, German Cancer Research Center, Im Neuenheimer Feld 307, 69120 Heidelberg, Germany; Department of Neuropeptide Research for Psychiatry, Central Institute of Mental Health, Heidelberg University, J5, 68159 Mannheim, Germany. Electronic address: v.grinevich@dkfz-heidelberg.de.

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